Si levò fiero il maledetto. Un brivido
l'invase. Gli raggiava
ne la pupilla la radiosa luce
de la rivolta. Lanciò al cielo un ultimo
sguardo di sfida truce
poi si chinò e raccattò la clava.
E da quel giorno inesorato, invulnere
va pel mondo Caino,
e dovunque egli passa e si raggira
sopra le folle desolate scendono
la ribellione e l'ira
del suo pensier selvaggio ed assassino.
Ei va, e dovunque vede accette e fulgide
[xxxx] di sangue immonde
e derelitte l'umili ed indegne,
benedetti egli colpisce, ai reprobi
il suo odio trasfonde
e gli olocausti su gli altari ei spegne,
Per la maledizione, onde s'irradia
la fronte sua l'immane
opra giammai lo confortò ne l'atro
cammin, ma ei continuò sdegnoso a spingere
[verso] il sole l'aratro,
nè guardò al solco; nè mietette il pane.
Visse d'ira e dolore: ora il suo fervido
pensier ne i firmamenti
spense folgori e luci; ora ne gli empii
abissi fra il fragor di mine rabide
sotto le reggie e i tempii
riaccese il fuoco dei vulcani spenti.
E or grido, or voce, ora singhiozzo e spasimo
sempre ei colpì e maldisse
ogni viltà, ogni giogo, ogni vergogna,-
snidò il nemico ovunque, ed ogni maschera
de l'antica menzogna
a vicenda derise e crocefisse.
lnvan nei ceppi, invano ne la carcere
la forza lo coerse
[ei] coronate insanie e di livori,
chè oltre l'armi e le mura in una gloria
di raggi e di splendori
libero al sole il fulvo capo aderse-
Valicò i monti, tragittò gli oceani,
attraversò i deserti
e lasciò indietro ceneri e squallore;
e i nuovi semi de la vita, e i pollini
del violento, amore
e la visione dei grandi occhi aperti.
Ma una sola fra tutte a lui che trepido
d'una sol fiamma ardea,
fu ne l'ora più pura amante e - sposa,
un sola fu sua ne l'inviolabile -
destino: la radiosa
figlia d'Amore e Verità l'Idea,
E grande e fiera fu la sua progenie;
fur del suo sangue umano
l'alta Babele ed i Titani, empii
assalitor di cieli, e il gran Prèmeteo,
e i distruttor di tempi,
torcia e parola, Erostrato e Giordano.
E Caino trionfò. Ma se mai povere
la messe e la vendemmia
furon di seminati odii e di liti,
dagli ascesi patiboli egli ai despoti
urlò rabbie [e] ruggiti
e da i roghi a gli dei la sua bestemmia.
Gloria d'esempi immani, o, quando livido
massacrava il dominio
fame e singhiozzo d'imploranti strade
S'oppose ei sol fra turbe abbiette, auspice
d'una più larga clade -
la sublime follia d'un assassinio,
E sia che su gl'incendiì ei soffi il turbine
del nembo o sparmi avaro
l'olio a la lampa d'un profeta umano,
o le polveri, e i filtri, e i succhi ei mescoli
cauto per darli in mano
a la ragione che non ha l'acciaro,
FINE