L'ora per il ponte "du P'zzill'.

La marcia inarrestabile degli anglo americani, che dalla Sicilia risalivano la penisola, non dava tregua ai tedeschi, i quali abbandonarono la linea adriatica e puntarono su Anzio e Cassino. Sette giorni e sette notti per completare lo spostamento.
Alla sera dell'ottavo giorno, due macchine del "genio guastatori", arrivarono in paese.
Scese il Colonnello con l'aiutante. Si presentarono al Podestà:
- Mezz'ora per evacuare il paese!.
Il Podestà sobbalzò sulla sedia, dietro la scrivania. Davanti a lui la nebbia dello smarrimento.
- Semplicemente inaudito. - Cercò di inghiottire la saliva che non c'era, poi:
- Dio!
- Si, il paese deve essere evacuato.
Il segretario comunale poco mancò che rimanesse stecchito. Si guardava intorno in cerca di punti di appoggio. Tutto girava. Dalle sedie… allo scaffale dei codici.
Il Podestà cercava di guadagnare tempo:
- Ma come? Dove li porterò? Bambini, vecchi, donne… C'è freddo! Per molti sarebbe la morte.
- In guerra gli ordini non si discutono. Si eseguono.

Don Michele, che origliava dietro la porta, entrò senza bussare. Al Podestà:
- Che vogliono?
- Evacuare il paese. Stanotte salteranno il palazzo baronale, la chiesa e il ponte del pozzillo.

Don Michele, in un lampo, giocò a pari e dispari mentalmente, scrutò gli animi dei tedeschi. Si rese conto che facevano sul serio. Con calma:
- Vittò, per noi il minor male è il ponte. Per loro un punto strategico. Il solo punto strategico. Lasciagli il ponte.
- Don Michè!…
- In paese ci sono due macchine: il camioncino di C(i)ccill' Laipold e la vecchia balilla di Piropopp'. Ne passerà di tempo prima che circoleranno altre macchine. Lasciagli il ponte… Ti dico.
E rivolto al Segretario Comunale: - Attilio, diglielo anche tu.
Il segretario rientrò con la testa nelle spalle: - Vittò, ha ragione Don Michele. Perderemo il ponte. Salveremo il paese.
… E così avvenne.
- Ci hanno dato dieci minuti. Lasciate tutto. Correte negli scantinati - Urlava "Sciascià", il banditore comunale, ad ogni cap'ruar' - Lasciate tutto. Lasciate tutto… gridavano i Carabinieri che entravano e uscivano dalle case.
Zia Vincenza: - Non se ne parla nemmeno. Va bene così, come stiamo. Siamo vecchi ed è meglio morire in casa propria, che sotto la neve.

IO C'ERO.
Uno ha sparato una raffica in aria.
Seppe di Lena: - Mio padre è rimasto per strada, sanguinante. Ed io ho fatto in tempo a sorreggere mia moglie in doglie.
Una donna tiene stretta al seno, avvolta in una coperta, la neonata.
- Ha la febbre. Un medico! - dice ai tedeschi.
E corre verso a "f'ntan' è 'ball'. - Addó vi? - Le gridarono dietro in parecchi - Don F'rd'nèntin' 'nch' shtà. Ann' jèkk!. (Dove vai? Don Ferdinandino - il medico - non c'è. Vieni qui.)

… pochi momenti di attesa…

La morte la respirai con il buio.. Poi l'esplosione, che la paura ha ingigantito.
Le case tremano, i vetri delle finestre in frantumi, le pietre del ponte ricadono a grandine sui tetti e nei vicoli… e dalla Ripetta zi 'Ndoni(e) d' Cro(o acuta)n' che urla:
- Mèrì! Merì. Ki a visht' Mèri(je) mi(je)?.
E noi nei sotterranei a pregare. Quei sotterranei gonfi di odore e terrore… ma vivi e… non su un camion, evacuati e diretti chissà dove, in folle accalcate, dirette verso un confine da conquistare e…
Il vento gelido che annunciava neve faceva più paura dell'esplosione. Nessuno osò uscire allo scoperto e correre a vedere.

- Domani è giorno - disse nonna...

Testo: Giuseppantonio Cristofaro


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